Un principe dei giardini per festeggiare la rinascita del giardino Sartorio

Il nuovo giardino del Museo Sartorio. La lunga amicizia che lega al Museo Sartorio  Fulvia e Fulvio Costantinides, due figure – madre e figlio – di notevole rilievo a Trieste per ragioni professionali e culturali, si arricchisce di un nuovo, significativo, capitolo.
Infatti, dopo avere sostenuto con generosi finanziamenti il restauro della settecentesca villa, avere collaborato agli allestimenti interni, compresa la sala della preziosa collezione di disegni di Tiepolo, e avere donato collezioni di arti applicate di grande interesse, la famiglia Costantinides ha deciso, in accordo con la direttrice dei Civici Musei di Storia ed Arte Maria Masau Dan e con la collaborazione delle studiose che si sono occupate di questi temi, Claudia Morgan e Lorenza Resciniti, di fare rinascere il giardino del Museo Sartorio, uno degli spazi verdi più antichi e suggestivi del centro cittadino.  >>>

Avvalendosi di esperti riconosciuti come l’architetto paesaggista Vladimiro Vremec e l’Agricola Monte San Pantaleone (conosciuta soprattutto per la gestione del roseto di San Giovanni) i Costantinides hanno permesso di far ritrovare al giardino l’antico fascino, sia per la ricchezza delle piante che ora lo ornano sia per il rispetto dello stile della casa, che ci riporta in pieno Ottocento, nel clima in cui viveva l’aristocrazia imprenditoriale di Trieste.
Anche questa iniziativa è dedicata a Giorgio Costantinides, marito e padre,  scomparso vent’anni fa, che sarà ricordato con la collocazione di una “targa” che è in realtà una piccola opera d’arte di Luciano Celli.
Il principe Wauthier de Ligne, Fulvia Costantinides e Vladimir Vremec

Il giardino viene presentato con due manifestazioni, un convegno dal titolo “I Sartorio, giardinieri appassionati o competenti?” che si è tenuto ieri, giovedì 24 ottobre nella Sala Costantinides con la partecipazione di un esperto di giardini, il principe belga Wauthier de Ligne, discendente di un aristocratico con cui il barone Sartorio ebbe modo di incontrarsi a Vienna e che certamente influenzò le sue scelte e i suoi gusti, e la vera e propria inaugurazione, prevista per oggi, venerdì 25 ottobre alle ore 12 alla presenza delle autorità e di una discendente dei Sartorio, Patricia Sartorio.

Titolo del convegno di ieri era: “I Sartorio, giardinieri appassionati o competenti? Dopo gli interventi di Maria Masau Dan, Lorenza Resciniti, Claudia Morgan, Vladimiro Vremec e Giancarlo Carena, in cui sono stati messi in risalto il valore storico del museo e del giardino Sartorio, la passione di Giovanni Guglielmo Sartorio, la sua cultura e la sua formazione di giardiniere quasi professionale, le scelte fatte per il restauro del giardino, attraverso una ricerca molto accurata delle caratteristiche del giardino ottocentesco e le prospettive economiche di una corretta gestione del verde storico, ha preso la parola il principe Wauthier de Ligne che ha parlato sul tema “Passato e presente del giardino di Beloeil e la figura di Charles-Joseph de Ligne” illustrando una reatà di eccezionale importanza per la storia dei giardini europei, il giardino del Castello di Beloeil, chiamato anche “la Versailles belga”, (www.chateaudebeloeil.com)  che da sette secoli è la residenza della sua famiglia. Oltre trenta ettari di parco costituito da due parti ben distinte, il giardino alla francese, ricco di statue e di bacini, e il giardino all’inglese realizzato dal suo celebre antenato Charles de Ligne (v. biografia qui di seguito) quasi in contrapposizione alle scelte paterne che avevano privilegiato lo stile settecentesco tipico dei castelli francesi. Una serie di belle immagini ha permesso di cogliere gli elementi di fascino del parco di Beloeil, basato soprattutto su una perfetta gestione degli spazi che crea prospettive di grande impatto scenografico, a cui si alternano luoghi più appartati che danno a quel sito anche una forte caratterizzazione romantica.

Non sono molti gli scritti di Giovanni Guglielmo Sartorio che hanno per argomento il giardino, ne riportiamo uno piuttosto significativo.

«[...] ma ove trovare i bei fronzuti alberi da foresta, gl’indispensabili pini, abeti, ed altri sempre verdi? Se qui non si aveva ancora sognato a stabilimenti agrari ed a vivai di piante d’ornamento non solo, ma anche di stretta utilità. Dovei perciò rivolgermi all’estero, e commettere alla buona ventura, delle piante ch’io stesso in allora non conosceva ancora; così io procedeva a tentone e ne pagai la scuola cogli errori molti della mia inesperienza; ma non mi scoraggiai, e procedendo alacremente a piantare, svellere, e ripiantare, sono giunto, tanto ben che male, a possedere oggi giorno un bel giardino, con viste svariate, praticate sui più bei punti prospettanti il mare, e le circostanti vaghe costiere; questo mio ritiro campestre viene da me assai apprezzato, non tanto pei molti denari spesi, quanto pelle difficoltà superate, e pella paziente lunga mia aspettativa della sua riuscita.»  

(Giovanni Guglielmo Sartorio,Memorie biografiche, Tipografia del Lloyd Austriaco, Trieste 1863, p. 131) 
Sull’iniziativa del restauro del giardino Sartorio, ecco altri contributi.
“Tre perché e un come”  di Giancarlo Carena, Presidente Agricola Monte San Pantaleone

Un imprenditore sociale e una donna di cultura e un direttore dei Musei e un progettista di giardini. Chi sono? Perché si sono incontrati? Il rinnovato giardino del Museo Sartorio viene realizzato grazie a quattro mondi che si incontrano. Che cosa è accaduto dunque? Chi abbiamo incontrato / fatto incontrare questa volta per poterlo realizzare?  La dottoressa Maria Masau Dan, direttrice dei Civici Musei di Storia ed Arte e del Museo Revoltella. Avevamo lavorato insieme per “In Primavera a Trieste”, nuovi pezzi di città erano entrati per moltiplicare fiori e rose. Un buon esito, era soltanto un inizio di collaborazione. E’ grazie a lei, grazie alla sua intuizione e alla sua visione d’insieme, alla sua determinazione e alla sua voglia di realizzare le cose, che questo cerchio si è chiuso. La dottoressa Fulvia Costantinides , donna di cultura, con benemerenza civica della città di Trieste, decine di pubblicazioni e traduzioni, conosciuta in città per aver finanziato importanti lavori di restauro, ristrutturazione e abbellimento di beni culturali ma anche per le sue collezioni esposte nel Memoriale “Giorgio Costantinides” nel Museo Sartorio. Donna che ha sempre tenuto aperto il rapporto con la città, senza mai rinunciare alla sua personalità, al suo stile di pensiero. L’idea di favorire, nella scelta di trasformazione del giardino, una cooperativa sociale, ha creato per lei un plus - valore etico, una soddisfazione umana. Come accade a chi ha sempre avuto verso il territorio preoccupazione civile e grande sensibilià. Il dottor Vladimiro Vremec , progettista di giardini, formato alla Scuola di Vienna, da anni impegnato con noi in quella grande avventura dello straordinario roseto del Parco di San Giovanni. Ma anche uomo di passione storica, di ricercato stile di lavoro, attenzione ai dettagli, competenza tecnica ed erudizione: qualità che hanno cementato fiducia al progetto. E come anello-cerniera l’Agricola Monte San Pantaleone, cooperativa sociale che da oltre trent’anni lavora in città, dentro a giardini pubblici e privati. Una cooperativa nata a seguito dei processi di trasformazione della psichiatria, e convinta, dalla sua fondazione, di voler unire i primi con gli ultimi: mese dopo mese, anno dopo anno, nelle nostre scelte quotidiane, perché siamo nati dentro ad una grande trasformazione culturale e ne portiamo i segni e il sogno: unire mondi separati, non soltanto nelle gerarchie delle posizioni sociali, ma anche nelle competenze del sapere, delle differenti discipline e forme di conoscenza. È questo il processo: giardinieri / amministratori pubblici / lavoratori fragili e svantaggiati / paesaggisti / uomini e donne di cultura / architetti / studenti in formazione / artisti / imprenditori privati: da trent’anni ci sforziamo di trovare gesti comuni, linguaggi condivisi. Ecco quello che è successo, questa volta sarà un nuovo parco: un luogo di bellezza per tutti. Ci auguriamo che, dentro questo rinnovato giardino, visitatori e turisti intuiscano che non si tratta di un fuoco d’artificio,ma che siamo dentro al nostro tracciato di sempre, e che queste ‘occasionali’ convergenze si ripropongano con nuovi gesti, in altri luoghi, per poter proseguire e realizzare concretamente quello che a noi piace chiamare impresa sociale. Nel valore del tempo, nel valore dei luoghi: sapendo che è dentro tempo e luoghi che si muovono le vite delle persone.

“Ridiventare un fiore all’occhiello” , di Vladimir Vremec, architetto paesaggista

L’originaria impostazione del giardino della villa Sartorio era quella di un giardino all’inglese di piccole dimensioni, la cui caratteristica è l’andamento sinuoso di viali e vialetti che vanno a creare aiuole e spazi erbosi di forma irregolare. In un momento successivo il giardino fu ampliato andando ad includere vecchi alberi, tra i quali il Cedro del Libano, l’albero tra i più affascinanti, con la sua forma a ombrello, esistenti nell’attuale giardino. La serra, o limonaia, assente nel piano del 1826, fu ristrutturata nel 2000 e adibita a sala conferenze e ad ospitare eventi culturali. In quell’occasione sono stati rifatti e in parte modificati i vialetti e nella parte più alta è stata spostata in posizione panoramica la panchina in ferro con il tavolo in pietra. I lavori di miglioramento degli spazi esterni fatti all’epoca non hanno previsto invece – se non in minima parte – di arricchire il giardino con nuovi elementi verdi. Lo strato arboreo che caratterizza il Museo Sartorio, seppur
inserito in un relativamente piccolo giardino all’inglese, rappresenta una grande ricchezza nell’attuale contesto urbano, In questa fase di rinascita si è dovuto arricchire il sito anche a livello vegetativo più basso, per ridare un aspetto il più possibile gradevole ed interessante all’insieme, e al contempo renderlo funzionale alle moderne esigenze. Prima di procedere con i nuovi impianti di cespugli, arbusti e erbacee perenni sono stati ripuliti i vecchi alberi , soprattutto l’imponente Leccio. Sono stati posti a dimora tre alberi già presenti qui nel passato: il Nespolo del Giappone, la Paulonia e l’Alloro e per dare maggiore risalto allo spettacolare Cedro sono stati asportati alcuni giovani alberi cresciuti spontanei. Sono state ricostituite tre aiuole circolari: due nelle immediate vicinanze dell’edificio e la terza nella parte alta, fondamentali per ricreare l’atmosfera che il giardino doveva avere dopo l’ampliamento della seconda metà dell’800. L’impostazione odierna esclude l’uso di piante ornamentali annuali, ricorrendo a erbacee perenni e a rose, scelte in prevalenza tra le rose della prima metà dell’800. Nessuna altra pianta come la rosa infatti permette di fare riferimento ai luoghi visitati, alle vicissitudini personali e ai personaggi conosciuti dai Sartorio. Le rose Ville de Londres (1845/50), Le Vésuve (1825), Rival de Paestum (1848), Comte de Chambord (1863) per citarne solo alcune, sono un omaggio a Giovanni Guglielmo Sartorio, appassionato botanico e attento lettore dei maggiori libri di giardinaggio, che fu il fratello maggiore di Pietro, abitante di questa villa con la sua famiglia e che ci piace pensare possa aver influenzato le scelte del fratello. La rosa gallica Duchesse de Montebello (1824-1825) ricorda il primo giardino all’inglese creato a Trieste (1831) proprio da Giovanni Guglielmo, sopra Montebello in Strada di Fiume, nella sua “villa Carolina”. L’ibrido della Rosa di Damascena Botzaris (1856) invece si accosta idealmente al quadro commissionato da Pietro al pittore veneziano Ludovico Lipparini, quadro tuttora esposto al Museo, raffigurante “La morte di Marco Botzaris” (1823), uno dei capi più eroici della insurrezione greca per l’indipendenza. Con la crescita degli alberi il giardino era diventato molto ombroso, con un prato via via impoverito; inoltre la mancanza di cespugli e di piante fiorifere aveva ulteriormente depauperato l’aspetto generale del luogo. Con sfoltimenti e un parziale asporto di rami bassi sono state migliorate le condizioni di luce.
Le zone più ombrose sono state tappezzate con cespugli e arbusti (Aralia siboldii, Choysia ternata, Mahonia japonica, Nandina domestica, Osmanthus heterophyllus, Rhaphiolepis umbellata, tre differenti specie di Ruscus etc.) nonché erbacee perenni (Acanthus mollis, Helleborus in varietà, diverse varietà di Viola odorata, Iris foetidissima, Liriope muscari etc.) e erbe ornamentali (varie specie di Carex e di Hakonechloa nonché Pennisetum alopecuroides); grazie a questa scelta le fioriture si distribuiranno durante l’arco dell’anno. Pure la divisione tra superfici prative omogenee e superfici ricoperte con piante mira a semplificare la manutenzione del giardino.
Sono state reintrodotte molte delle piante usate all’epoca (Clerodendrum trichotomum varietà bungei, diverse varietà di Aucuba e Buxus, Chaenomeles speciosa, Calycanthus praecox, Hamamelis mollis, alcune tra le più belle varietà di Hydrangea, Lagestroemia indica, Laurus nobilis, Philadelphus virginalis).
Entro pochi anni il giardino riavrà le caratteristiche di un salotto all’aperto e potrà in pieno assolvere il suo ruolo e rendere questo Museo ancora più attraente.

“Giovanni Guglielmo Sartorio: giardiniere appassionato e competente?”, Claudia Morgan
responsabile della Biblioteca, della Fototeca e del coordinamento culturale dei Musei civici di storia ed arte

Una biblioteca è senz'altro lo specchio della vita intellettuale del suo fondatore, da analizzare come una mappa che ci indica la strada dei suoi percorsi e del suo labirintico accumulo. Una sfida a capire l’universo che appare, ma anche un mondo sommerso. La biblioteca Sartorio  è il tipico caso in cui siamo quasi sicuri di trovarci di fronte al “capolavoro” di un'unica personalità.
Giovanni Guglielmo ha trascorso una parte della propria esistenza nel procurarsi gli oggetti del proprio desiderio, i libri che trovava sui vari mercati europei, inseguendo le novità letterarie, le curiosità, i classici, le edizioni delle letterature europee nella lingua originale o in traduzione: talvolta determinanti sono gli incontri con poeti, Chateaubriand, Barthelemy, letterati, Cantù, studiosi di varie discipline, e puntualmente scopriamo che le loro opere sono presenti nella biblioteca. Si percepisce che in questa fase dell'accumulo, anche se è un autodidatta, sviluppa degli interessi e delle curiosità.
Come individuare allora i temi preferiti, i tesori nascosti, le edizioni particolari e preziose?
Ci soccorrono ancora le Memorie che rivelano in particolare le due grandi passioni dell'imprenditore: i viaggi e i giardini, ma  la passione che ha radici più profonde e si concretizza in un progetto visibile e godibile è quella per il giardinaggio. In data 1830 scrive “Il giardinaggio fu sempre per me una delle più piacevoli occupazioni. Nel ripartimento della facoltà paterna, assunsi in me tutta la proprietà della campagna a S. Maria Maddalena”.
Giovanni Guglielmo Sartorio è quindi il vero sperimentatore giardiniere della proprietà di famiglia, che investe denaro e si mette alla prova, tacendo sui fallimenti e talvolta dimenticandosi di citare le proprie fonti. Ma come si orienta in questo percorso culturale e come si muove?
Incontra concittadini e studiosi, parenti e botanici, viaggia, quando finalmente si libera dai gravosi impegni di lavoro, per verificare quanto ha sperimentato.
La sua decisa personalità avrà influenzato anche quella dei famigliari e suggerito soluzioni per il giardino di citta del fratello Pietro, proprietario, grazie alla dote della moglie, Giuseppina Fontana dell’attuale Museo Sartorio?
Non ci sono che piccoli indizi …

“Alcune note sul sito”, Lorenza Resciniti, conservatore del Museo Sartorio
In base ad alcune piante topografiche di Trieste dei primi anni dell’Ottocento e dai libri dell’Ufficio tavolare della città, si ricava che nel 1798 alla particella numero 1026 corrispondeva una “casa con fondo annesso” del signor Haim Camondo, individuabile come una costruzione ampia a due livelli, circondata da un terreno che digrada con terrazzamenti sino alla strada sottostante, a livello del mare. Nel 1832, dopo vari passaggi, la proprietà risulta appartenere a Carlo d’Ottavio Fontana, che alla morte, nel 1834, la trasmette ai tre figli, Carlo Antonio, Giuseppina e Giovanni; nel 1836 proprietaria è Giuseppina Fontana, da due anni maritata con Pietro Sartorio; nel 1905 la eredita il di lei figlio, il barone Giuseppe, per poi essere suddivisa nel 1911 tra Paolina ed Anna Sartorio, sorella l’una e nipote l’altra di Giuseppe, morto l’anno precedente, lasciando pure una preziosa e cospicua collezione d’arte.
Una generosa donatrice. Nel 1923 la proprietaria unica è Anna Sartorio, baronessa per nascita, contessa in seguito al matrimonio contratto con il conte Salvatore Segrè; sarà essa la generosa donatrice del patrimonio immobiliare e storico artistico alla città di Trieste. Infatti, due anni dopo la sua morte, avvenuta il 30 marzo 1946 all’età di ottantacinque anni, una cerimonia pubblica suggellò il passaggio di proprietà dell’intero possedimento al Comune, che con volontà testamentaria Anna aveva destinato a divenire Civico Museo Sartorio. Assieme alle opere d’arte, il dono fu valutato più di cinquanta milioni di lire.
La Villa Sartorio. Appartenuta quindi, dal 1832 al 1949, ai Fontana – negozianti di oli e rinomati collezionisti – e ai Sartorio – mercanti di granaglie, provenienti da Sanremo, emeriti collezionisti e baroni per meriti speciali nell’industria e nel commercio, sotto l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe I – la villa subì inevitabilmente diversi mutamenti. Benché stimata quale “casa di campagna di lusso”, i neo sposi, Giuseppina e Pietro Sartorio, prima di trasferirvisi con la loro prole – Carolina, Paolina, Giuseppe e Alberto – affidarono all’architetto Nicolò Pertsch, nel 1838, rilevanti lavori: un documento scritto testimonia in modo particolareggiato le tante migliorie relative alla casa e al giardino. Un Piano acquerellato del 1836 mostra l’ampiezza del fondo e l’impianto della casa,  l’andamento dei viali, la disposizione del verde e l’ubicazione del pozzo, prima degli interventi. Nel 1839, Giuseppina  rinunciò ad una parte del terreno a favore dell’allargamento della via Santi Martiri (oggi via Duca D’Aosta) al fine di rendere più agevole il giro delle carrozze, incaricando l’architetto Francesco Scalmanini di progettare l’ingresso principale e un piccolo edificio per l’alloggio del custode (oggi biglietteria del Museo). Attualmente l’ampiezza della villa e del terreno risulta modificata rispetto ai documenti citati, mentre le statue in pietra sparse per il giardino, raffiguranti divinità pagane e provenienti da villa Gradenigo sul Terraglio, ornavano un tempo i viali della “villa Carolina”, appartenuta al fratello di Pietro Sartorio, Giovanni Guglielmo, e prima ancora al loro padre, Pietro.
La Villa Carolina. Giovanni Guglielmo Sartorio, il primogenito, ereditò dal padre, nel 1820, una dimora con fondo annesso nel suburbio, in Santa Maria Maddalena Superiore, che chiamò “villa Carolina”, in onore della sua adorata consorte Carolina Gobbi prematuramente scomparsa, e l’ampliò aggiungendovi una grande sala e creando con grande passione il giardino “ ...  ma ove trovare i bei fronzuti alberi da foresta, gl’indispensabili pini, abeti, ed altri sempre verdi?, se qui non si aveva ancora sognato a stabilimenti agrari ed a vivai di piante d’ornamento non solo ma anche di stretta utilità. Dovei perciò rivolgermi all'estero, e commettere alla buona ventura, delle piante ch’io stesso in allora non conosceva ancora; così io procedeva a tentone e ne pagai la scuola cogli errori molti della mia inesperienza; ma non mi scoraggiai, e procedendo alacremente a piantare, svellere, e ripiantare, sono giunto, tanto ben che male, a possedere oggi giorno un bel giardino, con viste svariate, praticate sui più bei punti prospettanti il mare, e le circostanti vaghe costiere; questo mio ritiro campestre viene da me assai apprezzato, non tanto pei molti denari spesi, quanto pelle difficoltà superate, e pella paziente lunga mia aspettativa della sua riuscita” (SARTORIO 1863, p. 131).
Nel 1911 Anna Sartorio, unica erede, vendette la villa al Comune, con la clausola di non aliearla a privati, ma di adibirla a beneficio della città.


Il creatore del parco all'inglese di Beloeil

Charles Joseph de Ligne (Bruxelles, 23 maggio 1735Vienna, 13 dicembre 1814) è stato un militare, scrittore e commediografo belga.
Il principe de Ligne, di nobile famiglia belga, è stato un personaggio di rilievo per la storia del Settecento. Entrato in giovane età nell’esercito austriaco, si distinse particolarmente in fatti d’armi avvenuti durante la Guerra dei sette anni. Raggiunse rapidamente un grado elevato nell’esercito e divenne anche amico e consigliere dell’imperatore Giuseppe II. Negli anni successivi continuò la carriera, sempre ai massimi livelli. Nel 1787 si recò in Russia dove ricevette particolari riconoscimenti dall'imperatrice Caterina II che aveva accompagnato nel suo viaggio in Crimea.
Nel corso della Guerra russo-turca, servì come feldmaresciallo, distinguendosi all'assedio di Belgrado. Lo seguiva, con grande onore, il figlio maggiore Charles Antoine Joseph Emanuel. Nel frattempo, in patria scoppiava la rivoluzione del Brabante alla quale si era unito il secondo figlio, Louis de Ligne, ciò che mise il Principe in grave imbarazzo con l'Imperatore, che pure lo volle al proprio letto di morte. Ciò che, comunque, contribuì alla decisione del principe, dopo la morte dell'imperatore, di ritirarsi a Vienna, dedicandosi ad amministrare le cospicue proprietà di famiglia.
Fu anche autore di numerose opere letterarie ed è soprattutto noto per i suoi Mélanges in 34 volumi. In quest'opera autobiografica raccolse una enorme massa di notizie sui personaggi più noti del secolo, documentando gli incontri avuti con Voltaire, Rousseau, Caterina II di Russia, Federico il Grande, Luigi XV, Luigi XVI, Maria Antonietta, la du Barry, Goethe, Casanova, Madame de Staël, Talleyrand e infiniti altri personaggi che scrissero la storia politica, culturale e del costume del Settecento.

______________________________________________________________________________

progetto del giardino: Vladimir Vremec
realizzazione del giardino: Agricola Monte San Pantaleone
con: Francesca Calligaris, Livio Franceschini, Matteo Giraldi, Ermanno Gonia, Elia Iadanza, Ivica Popovic, Giacomo Sciortino, Susanna Staurini, Antonio Treleani, Corrado Zoratto

tirocinanti: Steva Popovic, Vanja Serra

collaborazioni: Impresa Bizjak

targa commemorativa: Luciano Celli

ricerche storiche: per i Musei civici di storia ed arte: Claudia Morgan e Lorenza Resciniti




Commenti

Post più popolari